Spigolo delle Bregostane.

Questa salita la voglio consigliare perchè relativamente “abbordabile” è abbastanza vicina al paese di Mazzin, la quota 2297 m. permette di farla anche in autunno o primavera quando a quote più alte l’innevamento rende ancora critico altre salite.

Questa salita aperta nel 1988 da Battisti e Ravaglia è ancora uno degli angoli nascosti delle Dolomiti e sia la salita, il panorama in cima e la discesa sono di un incontaminato splendore.

La prima volta che ci siamo andati grazie alla guida di Jacopelli non abbiamo trovato la Via.

Le spiegazioni sono molto vaghe e portano facilmente ad errori di percorso da far perdere mezza giornata.

La seconda volta cercate qualche indicazione e foto su internet siamo riusciti a trovare il giusto avvicinamento.

Facciamo 2 cordate preparativiIo e Sara e Serghey e Paola. Per Serghey è il primo approccio con le vie in montagna e dalla relazione mi sembrava una via abbastanza facile e protetta, (la via dovrebbe essere protetta a spit).

Lasciamo le macchine all’inizio del paese di Mazzin in Val di Fassa, poi si parte a piedi e passati di fianco alla fontana pubblica si prende la strada forestale per la Val d’Udai.

Si segue la strada e dopo circa una mezz’ora di cammino in costante salita sulla nostra destra si intravede la spaccatura sulla Palacia del Dociorìl che forma sulla sinistra il nostro bellissimo spigolo.si intravede lo spigolo

Si continua ancora fino ad arrivare in fondo alle cascate del Satcront (circa un’ora dalla partenza) si prosegue sulla destra (indicazioni rifugio Artemoia) e poco dopo quando il sentiero interseca un corso d’acqua si prende il sentiero di destra si segue per circa 25 minuti e poi quando diventa quasi pianeggiante si devia a sinistra per un canalino che porta piano piano verso il nostro spigolo, sempre ben visibile.

Il nostro spigolo è quello di Sinistra e dalla partenza all’attacco ci vogliono circa 1h e 45 minuti di salita continua.si inerpica sempre di più

La via è esposta sud-ovest ma il tempo nuvoloso rende abbastanza fresca la partenza.

Ci scaldiamo subito perchè la via non è mai banale e ogni tiro presenta passaggi di V. La roccia è ottima e bene appigliata ma quasi sempre verticale e la famosa spittatura è molto teorica in quanto hanno messo gli spit dove prima c’erano i chiodi e quindi a volte c’è un solo spit a 10 mt. dalla sosta. nelle soste c’è sempre uno spit.

servono i friend del 2 e 3 per integrare in una fessura di V in partenza di un tiro.

A metà via ci raggiunge una cordata che poi scopriamo che è Bernard un tipo  molto cortese (collaboratore di varie guide alpinistiche) che non ci sorpassa ma resta tranquillamente in coda a noi e ci dà ottimi consigli per la discesa.spigolobregostane Paola e Bernardpiano pianoarrivooooSi aggiunge Beernard con amicoultimo tiro e incomincia a piovere2009_0713spigolobregostane Paola 1

nell’ultimo tiro incomincia a spiovigginare e incrociando le dita che non aumenti arriviamo in cima.

Serghey e la Paola se la cavano alla grande.

I pratoni sommitali sono bellissimi e tutti pieni di fiori.

Seguiamo il consiglio di Bernard che invece della discesa sulla destra della cima, molto più ripida e non proprio su sentiero, ci propone di seguire il sentiero che porta sulla sinistra è molto più lungo ma bellissimo e selvaggio, incontriamo nella valle di sinistra gruppi di camosci e zone adibite a veri e propri condomini per marmotte.pratoni sommitalimarmottopolifauna

Arrivati al bivio per il rifugio Artemoia noi sendiamo a sinistra per Mazzin.incrocio

La valle è verde e ricca d’acqua e dopo a un lungo camminare arriviamo alle cascate che avevamo incontrato in salita. Scendiamo la strada forestale e dopo a circa 2h siamo alla macchina.

Bella salita…….

Per le foto complete guardare nella sezione foto.

Non mollare la presa

Non mollare la presa
Riflessione in occasione dei decennali della fondazione della Scuola di Alpinismo e Scialpinismo Pietramora e del muro di arrampicata Yellowstone.
di Gigi Mazzotti

I grandi uomini ottengono i loro successi in virtù della loro forza e volontà, nella piena convinzione dei propri mezzi che li porta a compiere imprese che fanno la storia.
Ma anche il lavoro di ogni giorno può portare risultati, quello fatto di presenza quotidiana, mosso da motivazione e perseveranza. “Non mollare mai la presa!” era la frase che ripeteva spesso un mio vecchio e indimenticato maestro del Rione Rosso.
E’ stato un anno importante questo per il CAI (il 2004) e mi piace associare al ricordo di quella grande impresa compiuta dalla spedizione di Ardito Desio, il ricordo dell’inizio di una mia nuova esperienza.
Cinquant’anni fa l’alpinismo Italiano raggiungeva la seconda cima del mondo, dieci anni fa cominciavo una attività coinvolgente più di un lavoro, divertente più di un qualsiasi gioco ed altrrettanto appagante per lo spirito….: fare l’Istruttore di Alpinismo.
E’ un accostamento irriverente, d’accordo, ma gli anniversari hanno tanto valore quanto ci coinvolgono nei sentimenti e questo decennale per me ha un grande significato.

Come ricorda il mio Direttore Nicoletta, il 24 novembre 1994 è nata la Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “Pietramora”, della quale ho fatto parte fin dall’inizio come Aiuto Istruttore spinto proprio da lei. Ero l’ultimo arrivato, con pochissima esperienza, ma la mia Maestra si era molto impegnata affinchè il suo primo allievo non fallisse e non potevo mollare.
In quello stesso anno, il gruppo dei “cinque” (nome chiaramente derivato dal fatto che erano proprio in cinque), realizzò col supporto finanziario della palestra “Lucchesi” e del CAI di Faenza, quello che fu poi battezzato “Yellowstone”, il muro giallo. Ed io? Di nuovo ero l’ultimo arrivato: il “sesto”, ma non furono mai capaci di liberarsi della mia presenza, così che ricordo le serate nella mia vecchia officina a costruire i supporti, prepararare e forare i pannelli e a casa di Tiziano ad incollare l’abrasivo e poi in palestra a verniciare ed installare la struttura. Dall’inaugurazione, il 30 settembre 1994 fino ad oggi, ci siamo dati da fare per custodire e gestire “il nostro Muro”.
Guardando il vecchio bollettino del CAI di FAenza (Anno XVI n: 48), di dieci anni fa per l’appunto, nella stessa pagina trovo la celebrazione del 40° anniversario della conquista del K2 e l’annuncio che il gruppo roccia di Faenza ha realizzato lo “Yellowstone”… sarà un caso, ma mi piace questa concomitanza. In tutto questo tempo abbiamo avuti alti e bassi. “Yellowstone” ha visto gente andare, altri arrivare, “ma non abbiamo mai mollato la presa”….. e abbiamo portato (per il terzo anno consecutivo) un “muro artificiale” nella piazza della Libertà, che il CAI Faenza col gruppo Yellowstone, ora più folto e motivato, offre alla cittadinanza per una settimana.

Dieci anni divertenti, ma anche impegnativi, perchè lasciarmi coinvolgere è una cosa che mi riesce con grande facilità. Provo grande piacere ad offrirmi quanto più possibiule nei corsi della Scuola Pietramora, che nel frattempo è cresciuta e si è sviluppata a macchia d’olio, anche geograficamente, in quanto oggi copre tutto il territorio della Romagna, con un organico di 15 Istruttori si Scialpinismo e 38 di Alpinismo.
Questa crescita ha richiesto sempre più partecipazione ai propri collaboratori e allora mi sembrò quasi doveroso accettare di occuparmi della Segreteria. Ma forse perchè mi mancava l’ufficializzazione di un incarico, che era quello che maggiormente mi motivava o forse perche sono proprio un autolesionista, decisi di partecipare al Corso per il titolo di Istruttore di Alpinismo (a 52 anni suonati!).
E questo 2004 è stato l’anno in cui ho festeggiato anche il conseguimento di questo titolo, parlo di festeggiare in senso liberatorio, perchè concludere questo esame per me è motivo di grande soddisfazione, in quanto il clima che regna in questi esami non è quello che psicologicamente io gradisco. L’idea di mettermi in gioco alla mia più che matura età e sentirmi osservato, giudicato, quasi sezionato, da persone, grandi alpinisti senza dubbio, ma che spesso hanno esperienza di vita minore di me, mi ha creato qualche problema. L’importante, tuttavia era “non mollare la presa”.
Sì, sono sempre più convinto che “il lavoro alla fine paghi”. Non ci sarà nulla di eroico nel lavorare lontano dai riflettori, ma comunque è grande la soddisfazione di veder crescere il frutto della semina e della cura che si è avuta nel proprio giardino, senza mollare mai.